Dopo il successo di Prigioni d'Italia, pubblicato lo scorso anno, prosegue la collaborazione fra Antigone e la Repubblica con un nuovo web-reportage, sulla giustizia minorile. È il frutto di tante visite e interviste dentro gli Istituti penali Minorili italiani e le comunità per minori. Con questo reportage interattivo vengono raccontate storie di vita trascorse fra carcere e comunità attraverso le parole di chi le vive quotidianamente: i ragazzi e gli operatori.
Il reportage è suddiviso in diverse sezioni, corredate da testi suggestivi: Il maestro, Le esperienze, le faide, famiglie mafiose, Il reinserimento, Genitori e figli, Diventare autonomi.
Ci sono sedicenni con una lista di crimini lunghissima alle spalle e ci sono ragazzi che, prima di finire dietro le sbarre, avevano visto il carcere solo passandoci davanti in scooter. Alcuni di loro trascorreranno al fresco quasi la metà degli anni che hanno vissuto finora. In parte, si rendono conto di essersi giocati la gioventù, e tra le tante domande c’è anche quella su quel che diventeranno una volta usciti di lì. Queste domande sono anche nelle teste delle centinaia di educatori che si occupano di loro, sparsi tra i 17 Istituti Penali Minorili della penisola e nelle comunità che li ospitano.
Tutti credono nel fatto che i ragazzi debbano passare il minor tempo possibile dietro le sbarre, perché chi ha sbagliato alla loro età ha bisogno di altro. La cosa positiva è che, secondo le statistiche, il modello italiano sembra funzionare: secondo il rapporto Antigone 2017, nelle celle italiane ci sono poco meno di 500 ragazzi. Oltre metà di loro sono giovani adulti, cioè detenuti con meno di 25 anni che stanno scontando nelle carceri minorili le pene per reati commessi quando ancora non avevano raggiunto la maggiore età. Maggiore è invece il numero di coloro che passano un periodo in comunità, al termine del quale valutare il percorso di maturazione ed eventualmente dichiarare l’estinzione del reato.
Alcuni educatori s’impegnano per far scoprire a questi ragazzi che lo studio è l'unica speranza per scoprire cosa li può tenere lontani dal carcere, resistendo ai fogli bianchi strappati e alla loro frustrazione di trovarsi di fronte a se stessi e ai propri limiti. Ma gli educatori non offrono solo evasioni intellettuali: alcuni ragazzi hanno sperimentato vere e proprie evasioni fisiche, in barca e in aereo. A Catania, alcuni ragazzi sono volati per un incontro col Papa, mentre a Palermo i detenuti dell'Istituto Penale Minorile hanno collaborato al restauro di una delle imbarcazioni simbolo della città. Ora partecipano periodicamente a corsi di vela. A Napoli invece, col progetto "Liscabianca", i ragazzi a bordo dell'imbarcazione "Scugnizza" si sono allenati e poi cimentati nella Regata dei Tre golfi, conquistando il secondo posto grazie alla loro voglia di prendere il largo.
Tutto rose e fiori? Nient’affatto. La verità è che a Napoli per esempio, la maggioranza dei minori che sono passati dal carcere sono poi finiti sui giornali come vittime e carnefici per fatti di cronaca insanguinata. Le logiche di appartenenza sono difficili da scardinare, e nonostante convivano insieme nel carcere, fuori da lì i ragazzi non hanno problemi a uccidersi, dividendo di nuovo il mondo in nemici e amici. Fuori c’è il deserto, e non tutti riescono a costruirsi un futuro differente.
Sul sito si incontrano tanti personaggi impegnati ogni giorno nel riscatto di queste giovani vite. Come Roberto Di Bella, il giudice accusato di organizzare "deportazioni di minorenni", di ledere i "diritti costituzionali" delle famiglie. Lui, che strappa i giovani alla 'ndrangheta per affidarli a educatori o famiglie di volontari e permettere loro di sperimentare una vita diversa, lontana dai lacci della 'ndrangheta e crescere con valori differenti. Della ‘ndrangheta si conosce ancora poco, e spesso sono le stesse madri a rivolgersi alla Giustizia, per salvare i loro figli da un futuro di sangue.
C’è anche Don Ettore Cannavera, che parla della comunità “Collina” di Cagliari. Lui crede che il carcere sia assistenzialismo, mentre nella struttura da lui gestita i ragazzi devono vivere con quel che guadagnano, per imparare l’autonomia e il giusto valore delle cose.
Insomma, un web-reportage fatto di vite e progetti diversi, alcuni più sperimentali e altri più classici. Ma tutti con l’obiettivo di aiutare questi ragazzi nella consapevolezza di sé, nella costruzione di nuovi valori, nello scoprire nuove risorse, costruire nuovi stimoli e desideri per una vita che sia ricca di senso e dignità.